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Non vado a visitare una cantina da tanto, troppo tempo ormai ed è la cosa che mi manca di più della mia vita. Quel senso di stupore e meraviglia al quale non farò mai l’abitudine, ogni volta è sempre come se fosse la prima volta, anche in Cantine dove sono già stata. Quel senso di appartenenza che all’inizio è solo accennato ma ogni volta finisce che entro da perfetta estranea ed esco con la consapevolezza di avere creato un nuovo legame. E poi le storie, sempre diverse, di chi fa questo lavoro con passione ma ognuno seguendo un approccio, una filosofia e una interpretazione unica e soggettiva. Sono le cantine come piacciono a me, dove lo stile è personale e non c’è mai omologazione, nemmeno tra un anno e l’altro. Dove il dialogo con la Natura è continuo e serrato e si evolve di anno in anno come in tutte le grandi storie d’amore; dove si litiga ma poi si fa sempre pace.

Tra le tante storie ce n’è una che non ho ancora mai raccontato ed è ora di recuperare. A inizio Gennaio avevo preso appuntamento con Luciano Ciolfi per andare finalmente a visitare la sua Azienda Sanlorenzo a Montalcino. Ci eravamo già conosciuti a Sangiovese Purosangue a Siena, e mentre lui era impegnato a chiacchierare, io approfittavo per assaggiare a ripetizione il suo Brunello Bramante. Come capitava spesso Naso mi ha raggiunta a Montalcino e saggiamente aveva preso anche un appuntamento per il pomeriggio; bisogna sempre ottimizzare certi viaggi e lui in questo è bravissimo!

Ed è così che ho scoperto Terre Nere, un’altra Cantina che si sta facendo strada nel panorama di Montalcino, e ne farà di strada vedrete! Ad accoglierci una bella ragazza con lunghi capelli neri, occhi profondi, sorriso timido, avvolta in una sciarpa molto più grossa di lei. Faceva un gran freddo, e come al solito io avevo sbagliato giacca! Guardandola la prima cosa che mi sono chiesta è se fosse consapevole della sua bellezza.

Ci saluta scusandosi del fatto che le vigne erano lontane dalla cantina e che quindi non ce le avrebbe potute fare visitare, ma ce le racconta con passione e competenza che quasi non ce ne accorgiamo di essere altrove. Lei ci parla come un fiume in piena, si chiama Francesca e io mi sono già innamorata. In Cantina più che una degustazione diventa una festa! Molto didattica ma una grande festa! Qui c’è energia, c’è dinamicità, c’è ritmo, c’è quella voglia di sperimentare, di crescere, di provare ad andare oltre! Si comincia con il rosato da Sangiovese, una new entry assoluta da pochi filari vendemmiati con una settimana di anticipo, macerazione di 24 ore, pressatura soffice e via! Ancora in stato embrionale ma già una promessa molto esuberante!  E poi Sangiovese, dai tini, dalle botti grandi, capitoli diversi della stessa avvincente storia. La tradizione che dialoga e si sfida a colpi di fioretto con l’innovazione, e quella voglia di trovare ogni volta una nuova vena espressiva. Se c’è qualcuno capace di guardare una annata dritta negli occhi e poi dire “OK! Sfida accettata! Andiamo!”  quella è lei, Francesca.

Le bottiglie le abbiamo aperte davanti ad un maestoso camino, dove si stava così bene che a passare alla modalità “compagni di liceo” ci abbiamo messo un attimo! Abbiamo degustato, riso, scherzato, smaltito fino all’imbrunire e poi è arrivata l’ora di andare via purtroppo. Ci siamo incontrate altre volte con Francesca, l’ultima volta a Benvenuto Brunello 2020. Confesso di essere una stordita, ma quel giorno era così bella che per un attimo non sono riuscita a metterla a fuoco. E’ bella e non sa quanto, si vergogna a mettersi in posa per le foto e alla fine non viene mai troppo bene, esattamente come me! Perché non ce l’ha l’animo della ragazza copertina. Poi Naso ci immortala mentre ridiamo inconsapevoli ed è tutta un’altra storia!

Lei è come me, è Sangiovese, tutta d’un pezzo! Da soddisfazione come pochi altri il Sangiovese se lo si sa apprezzare; non ci possono essere le mezze misure, va amato e rispettato per quello che è, richiede impegno e poi si concede con una leggiadria disarmante che non delude mai. Ma guai a trattarlo alla stregua di un Merlot, senza voler minimamente sminuire questo nobile vitigno, tutt’altro. È solo per dire che il Merlot è per tutti, non può non piacere; il Sangiovese invece bisogna imparare a capirlo, e chi non ci riesce, chi non ci si vuole impegnare, che passi oltre ma sempre nel rispetto di tutto quello che questo grande vitigno è in grado di dare senza chiedere mai nulla in cambio.

Quando tutto questo sarà finito voglio ricominciare dalle Cantine dove ho lasciato un pezzo di cuore e un pezzo l’ho lasciato anche qui!

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