Il linguaggio della passione

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“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico…. Si respira una dolce aria…. un’aria d’altro luogo e d’altro mese e d’altra vita: un’aria celestina che regga molte bianche ali sospese…”

La torre medievale del Palazzo dei Priori si staglia solitaria nel cielo terso di questo ultimo giorno d’inverno come un fiero baluardo di speranza e resilienza; gli archi a tutto sesto de La Loggia osservano con dolore sordo e composto una Piazza del Popolo deserta. Le saracinesche sono abbassate, i negozi sono chiusi. Surreale. Entriamo nell’unico bar aperto per un caffè che ci viene servito in un asettico bicchiere di carta da un giovane con l’aria rassegnata: manca il tintinnio delle tazzine, il click clack della macchina del caffè che corre veloce per offrire la sua preziosa coccola del mattino agli ospiti numerosi, non si odono le loro voci, alcune ancora assonnate, altre già indaffarate. Manca il rumore della vita.

Montalcino in questa sua veste silenziosa e solitaria possiede il fascino misterioso di una città incantata sospesa nel senzatempo; di una terra di nessuno assopita e immobile, che aspetta il bacio del Principe che la restituisca finalmente alla vita e al calore di tutti quelli che la amano e che sognano di poter tornare ad abbracciarla. Il silenzio è assordante: anche la tramontana, che soffia forte come se quest’inverno non volesse mai finire, non s’ode tra i vicoli ma lascia la sua scia di gelo che da una parte paralizza e dall’altra corrobora. Mi fermo o reagisco?

Camminiamo a passo svelto con una mano che stringe il bavero del capotto e l’altra l’autocertificazione senza la quale non si può più andare da nessuna parte:

“Chi siete? Da dove venite? Dove andate? Ma quanti siete? Un fiorino!”

Sono le 10:10 del mattino, è tardi avremmo già dovuto essere lì sedute a contemplare la luce preziosa dei primi calici che non potremo mai più recuperare. A cosa sarò costretta a rinunciare? Il Chiostro di Sant’Agostino è già pieno dei pochi invitati di questa giornata di presentazione ma vuoto di tutto il resto. Rimango attonita a guardare i tavolini di degustazione elegantemente apparecchiati per l’occasione, combattuta tra la tristezza di questo silenzio e la gioia di essere qui finalmente. Dove sono tutti? Per fortuna c’è la bellissima Catie che mi tira fuori dal trance con il suo caloroso sorriso di benvenuto e mi conduce alla mia postazione. In silenzio, ma sono pronta!

Il tempo rallenta e si ferma nel senzatempo, gli assaggi si susseguono cadenzati da un ritmo perfetto: non si può avere fretta perché questa è Montalcino, e per quanto l’espressività dei suoi vini sia tremendamente impattante, la storia di ogni calice si spiega in un racconto cangiante e lento che richiede calma e concentrazione. Siamo peraltro in una configurazione meravigliosa in cui gli astri allineati sono ben 15:

  • 5 stelle per l’annata 2015 con la Riserva
  • 5 stelle per l’annata 2016 con il Brunello
  • 5 stelle per l’annata 2019 con il Rosso.

È successo solo un’altra volta nella storia di Montalcino con le 15 stelle del trio 2006-2007-2010.

Cinquanta gli assaggi che sono riuscita a totalizzare, che confermano ognuno nel suo la grandiosità di ogni annata. Perché se è vero che per un produttore le annate sono come i figli da amare incondizionatamente con pregi e difetti, come ci ha spiegato il Vicepresidente del Consorzio Riccardo Talenti, qui neanche i più acerrimi fautori della scelta obbligata possono fare a meno di amare tutto indistintamente. Qui, oggi, più che mai parla il Sangiovese di Montalcino, esemplare, manifesto, inequivocabile. E noi si resta in silenzio ad ascoltare.

Il Rosso 2019 è sangioveticamente impattante, poderoso fratello minore ma solo anagraficamente parlando; non porta soltanto la firma precisa del territorio nel suo DNA, ma anche una nitida impronta brunellesca che evoca e anticipa con decisione il carattere, l’eleganza e la maestosità di colui che salirà al trono nel 2024. Il profondo legame di sangue tra i due è così forte che, se in un ipotetico mondo impossibile malauguratamente il Principe ereditario dovesse soccombere, nulla vieterebbe a questo Rosso di rivendicare il trono del suo illustre fratello.

Ma eccolo il momento che tutti aspettano con trepidante anticipazione, ecco il nuovo Re che fa il suo ingresso per ricevere la benedizione della spada e la responsabilità della corona. Avanza maestoso nel suo fulgido mantello rosso il Brunello 2016, con passo deciso e portamento elegante. La sua essenza è inebriante, riempie l’aria di mille profumi e di mille sensazioni. Il mondo si ferma, il momento è topico! Il Re mi guarda dritto negli occhi e la nostra storia inizia così.

Siamo al principio di una storia destinata a durare nel tempo, una storia ricca e complessa che saprà soddisfare i gusti e le preferenze di ognuno e sempre con straordinaria bellezza espressiva. Dal nord al sud, dal piccolo artigiano al più tecnologico dei produttori, dal più rustico al più raffinato, questo Re non discrimina nessuno e porta il messaggio di ognuno con la stessa autorevolezza e lo stesso fervore. Incarna la bellezza personale e la ricchezza della diversità con caratteristiche che si fondono nel tutto: la freschezza e verticalità che lasciano intravedere un significativo potenziale di invecchiamento, e l’eleganza e l’equilibrio disarmanti che ne decretano la piacevolezza estrema da subito. Lunga vita al Re!

E siccome Montalcino appartiene alla dimensione del non convenzionale, dove tutto è possibile, Signore e Signori oggi si incorona anche un altro Re perché la bellezza non abbia mai fine! E la bellezza della Riserva 2015 è devastante! Superlativa, incantevole, eloquente, irresistibile! Possiede una complessità che stordisce e nel contempo una pienezza rassicurante, calda e confortevole.

Non cito nessuno, per me avete vinto tutti! Anche quelli che non c’erano o che non sono riuscita ad assaggiare. E ha vinto su tutti il Consorzio del Brunello di Montalcino che ha avuto l’ardire di creare la magia in questi tempi bui in cui la magia è stata abolita a colpi di DPCM, regalandoci attimi preziosi di intima felicità.

Lo stimolo a trovare un modo per riuscire a realizzare questa inconsueta edizione di Benvenuto Brunello è nato anche dal desiderio di normalità e di sana condivisione, come ci ha raccontato il Vicepresidente Riccardo Talenti. Il Consorzio non si è mai fermato ci dice, ci si è dovuti adattare al distanziamento e all’interazione virtuale, e tutti inevitabilmente hanno sofferto della mancanza di contatto fisico, di reale condivisione e di sana interazione fatta anche di strette di mano, abbracci e calore. E poi c’era il magico allineamento delle tre annate a 5 stelle in cui è vero che la Natura svolge il ruolo da protagonista, ma che rappresenta comunque il coronamento del lavoro instancabile e appassionato di ogni Produttore. Riccardo lo sa bene, e quando gli abbiamo chiesto come facesse a conciliare gli impegni del Consorzio con quelli della sua Azienda ci ha risposto con una sola parola: Amore

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