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“Le Ali della Bellezza”, questo lo slogan, il motto, il mantra della trentesima edizione del Merano Wine Festival. Viene subito da pensare che sia una cosa scontata, perché la Bellezza è sempre stata la grande protagonista di tutte le edizioni precedenti.

Allora perché rimarcarlo proprio adesso? I motivi possono essere molteplici, ma questo slogan personalmente mi ha evocato alcune riflessioni in particolare.

È innegabile, e anche alquanto scontato, riallacciarsi al fatto che il volo di ognuno di noi sia stato bruscamente interrotto dalla pandemia che ci ha costretti necessariamente in gabbia per lunghi periodi di tempo, relegati in una realtà surreale, brutta, e che non ci appartiene. L’uomo è un animale sociale, sottolinea Aristotele, e l’interazione social, che sicuramente ci ha aiutati a restare vicini, è pur sempre un surrogato della realtà. Non so voi, ma io ho bisogno di contatto fisico, di tintinnio di calici, di abbracci e strette di mano, della luce degli occhi.  

Mi spaventa molto il “Metaverso” di Zuckerberg, che prefigura un insieme di mondi virtuali e reali interconnessi, popolati da avatar. Un’opportunità per il mondo della Comunicazione e dell’Advertising certo, ma che porta con sé il rischio di una distorsione profonda della realtà già sufficientemente falsata dai social. Il timore che tanti possano perdersi, intrappolati in questa dimensione virtuale, onestamente mi fa gelare il sangue. È davvero questo il futuro che vogliamo? Ecco, il Merano Wine Festival è l’antitesi di tutto ciò e mi auguro lo rimanga anche in futuro! Non solo è squisitamente reale, ma ha tutto il fascino intramontabile delle celebrazioni d’altri tempi. È come il ballo delle debuttanti, la grande festa del Cibo e del Vino che sfilano a braccetto sul red carpet tra i flash dei fotografi e gli sguardi ammirati dei fan.

La bellezza evocativa del Kurhaus contribuisce senza dubbio alla magia glamour di questo evento unico; un gioiello Art Nouveau costruito come luogo di aggregazione culturale e mondana quando Merano cominciò ad essere frequentata assiduamente dalla bella e tristemente famosa Principessa Sissi, e dal suo folto entourage. Con i suoi salotti letterari, i concerti, e i balli pieni di vita e di vibrante energia, la storia del Kurhaus risulta a tratti incredibile. Edificato in stile neoclassico secondo il progetto di Josef Czerny, che originariamente comprendeva solo l’attuale Pavillon des Fleurs, il grandioso progetto di espansione, che aveva l’ambizione di realizzare un capolavoro architettonico e artistico senza paragoni, fu però interrotto dalla Prima Guerra Mondiale. E così il Kurhaus rimarrà nella forma attuale, con la Rotonda e il Kursaal in squisito stile Liberty. Il tetto in rame fu ceduto alle autorità militari, e il magnifico edificio contribuì altresì allo sforzo bellico con una cucina, allestita nel parterre, che distribuiva circa 6.000 pasti al giorno ai soldati.

Lontani ormai anni luce dal fasto e dai dolci ritmi di quell’epoca romantica, che riecheggiano con un filo di malinconia lungo il Sentiero di Sissi meravigliosamente colorato d’autunno, nella realtà moderna dove veloce è bello, dove lo stile minimal, freddo e impersonale sembra andare per la maggiore, dove vogliamo tutto e subito perché abbiamo sempre troppa fretta di arrivare chissà dove, il Gran Gala dell’enogastronomia messo in scena da Helmuth Kocher, al secolo The Wine Hunter, è invece scandito da un’eleganza, un fascino e uno stile senza tempo che riportano alla ribalta la Bellezza, con quelle sensazioni di meraviglia che si provano istantaneamente durante l’esperienza, e che si sviluppano spontaneamente attraverso reazioni emozionali positive e a volte commoventi. Ce n’era tanto bisogno!

Tra show cooking, mixology contest, premiazioni varie e tanto altro ancora, il protagonista assoluto e incontrastato di questo Festival ogni volta è sempre e solo lui: il Vino Italiano d’eccellenza. In questa versione contingentata, che ha consentito assaggi più rilassati, il dialogo è stato molto più fitto, molto più intenso, con ogni calice, con ogni produttore. Storie diverse, uniche, di vitigni, territori e scelte produttive, ma tutte accomunate dalla stessa passione, tenacia e fatica, nell’intento di portare nel calice una parte di sé, del proprio cuore e della propria anima.  Il dialogo incessante e rispettoso con la Natura, e con la propria Terra, consente di scrivere ogni anno un nuovo entusiasmante capitolo della storia del vino, declinato in colori, profumi e sapori dalle sfumature ogni volta irripetibili. C’è un mondo di bellezza, infinita ed emozionante, in ogni calice di vino, che va assaporata con calma, concentrazione e un pizzico di devozione.

Tirando dunque le somme di questa incredibile tre giorni, all’insegna del buono e del bello, questa trentesima edizione del Merano Wine Festival ci ha davvero fatti volare sulle ali della bellezza, in un volo di fiducia e speranza nel rapido rilancio di un comparto strategico per l’Italia, quello del turismo e dell’enogastronomia, che ha ricevuto una dolorosissima battuta d’arresto che per molti si è rivelata purtroppo mortale. Sogniamo piazze e strade piene di turisti, bar e ristoranti gioiosamente affollati, cinema, teatri, musei, centri sportivi senza limitazioni e barriere, e un futuro prossimo pieno di sorrisi, di abbracci, e perché no di baci, e senza mascherine. La ripresa c’è e non si ferma, ma la normalità purtroppo sembra ancora tanto lontana.

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