Come il Mare è il titolo di un travolgente romanzo di Wilbur Smith, così avvincente che ricordo di averlo letto tutto in una notte! Uno di quei libri talmente pieno di patos e suspence che non è possibile metterlo giù fino a quando non sia stata divorata finanche l’ultima parola! Ma cosa c’entra adesso con L’Aietta di Francesco Mulinari, vigneron in Montalcino? Il Mare a Montalcino c’entra sempre, ve l’ho già spiegato qui, e con Francesco c’entra due volte perché, oltre al vino, condividiamo la passione per la vela. Ma c’è molto di più, restate con me.
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Francesco Mulinari ha quel guizzo nello sguardo che ti colpisce dal primo incontro. È il suo biglietto da visita e capisci subito di avere a che fare con un ragazzo colto, dalla intelligenza vivace e dalla determinazione inossidabile. È diffidente e riservato di indole, non lascia entrare chiunque nel suo mondo e mi ha confessato che ho dovuto passare un severo esame di ammissione! Ed è così che la nostra amicizia è nata tra le righe di questo blog a mia insaputa.
Approccio condivisibile per individuare narratori preparati e che conservano autonomia di giudizio. Lo story telling del vino, del territorio e ancor più di una singola Cantina è un affare serio! Sicché, prima di affidarmi l’Aietta e il suo racconto, Francesco ha voluto capire chi fossi e dumque ha letto tutti i miei articoli. Questo fa onore a lui, riempie di gioia me, e mi pone in una situazione di assoluto svantaggio. Io non so nulla di lui oltre al fatto che si dice in giro faccia un Brunello di Montalcino da capogiro!
Solo quattro passi e siamo fuori dal paese appena sotto le mura. Il regno di Francesco è il più piccolo di Montalcino. L’Aietta conta 1,5 ettari di cui solo uno attualmente in produzione, circa 7.500 le bottiglie prodotte e ben 5 etichette. Si avete letto bene, 5 etichette, e già questo la dice lunga su Francesco e la sua idea di fare vino. La giornata è fredda, il cielo è terso e la vista spettacolare! Siamo nella parte Nord di Montalcino che guarda verso ovest, verso il crinale di Poggio Civitella con i cipressi di Corte Pavone che si stagliano fieri all’orizzonte.


Il concetto di sesto d’impianto qui si va a fare benedire lasciando spazio a quelle geometrie artistiche che solo la Natura sa realizzare e che Francesco ha assecondato, creando un vigneto davvero unico nel suo genere a Montalcino. Ripidi terrazzamenti sostenuti da muretti a secco ospitano il Sangiovese nell’unica forma di allevamento sensata per un’estensione di soli 0,2660 ettari: l’alberello libero che garantisce una ragionevole densità d’impianto.
Questo piccolo fazzoletto di terra è letteralmente sacro per lui ben al di là di ciò che oggi produce. È il terreno acquistato dal babbo con il solo scopo di fare scorrazzare liberi i bimbi nei giorni di festa. E poi Francesco voleva tanto un cane! Solo molto più tardi si è scoperto fosse iscritto a Brunello, e tutto il resto è una naturale conseguenza per un ragazzo che aveva scelto di studiare agraria e si era fatto le ossa lavorando con diverse cantine eccellenti, tra cui Casanova di Neri, Il Marroneto, Marino Colleoni, e Castello Romitorio.
Francesco ascolta, impara, accetta consigli, ma poi deve fare di testa sua. Ed è così che decide di sposare la Banca contraendo il mutuo che gli consentirà di impiantare la sua vigna e costruire la minuscola cantina dove troverete solo l’essenziale e nulla più. E l’essenziale basta e avanza per produrre ottimi vini. È creativo, non si accontenta di restare nella media, anche se la media a Montalcino è davvero alta! Osa dove volano le aquile e persegue il suo stile unico e inconfondibile senza la pretesa di uscire fuori dal coro. Il vino de L’Aietta parla decisamene la lingua del suo territorio.
Come tutti i grandi a Montalcino è innamorato del territorio e rispettoso della natura, perché condurre una vigna, mi racconta, è molto simile ad andare in barca a vela. In mare sei in balia delle forze della Natura, forze che devi conoscere, gestire e rispettare. Chi conosce il mare non lo teme ma sa bene che sfidarlo senza criterio possa essere davvero pericoloso! In vigna la logica è la stessa, non si può sfidare la Natura che palesa tutta la sua forza in particolare attraverso gli eventi atmosferici e l’andamento climatico delle stagioni. A nulla vale cercare di togliere dalle annate calde o di aggiungere a quelle più fresche. L’annata va sempre gestita e interpretata certo, in vigna prima e in cantina poi, ma a snaturarla si finisce per combinare solo un mare di guai.
E quando arriva una grandinata improvvisa che danneggia le uve destinate alla produzione del passito che si fa? Si coglie ciò che resta di buono e se ne fa un bianco che a volerlo progettare forse non sarebbe mai venuto così buono! Un coro a tre voci tra Malvasia di Candia, Vermentino e Zibibbo. Una coccinella in etichetta a voler ricordare la buona sorte da un lato e l’agricoltura biologica dall’altro, e il nome non poteva che essere Grandine.
E questo Brunello da capogiro di cui parlano tutti? È decisamente un Brunello da capogiro, intenso, equilibrato e avvolgente. A trovarlo però! Solo poco meno di 2.000 bottiglie, e vanno a ruba.


Francesco ha tanti progetti e tante nuove idee. Ama sperimentare e sta perfezionando l’uso dell’anfora per il Rosso di Montalcino, con quali risultati è presto dirlo ma siamo curiosi di seguirne l’evoluzione. Ha bisogno di spazio per continuare a sviluppare la sua verve creativa, e così ha acquisito un podere in zona Ponte degli Abeti dove costruire la nuova cantina e la sua nuova casa. Il futuro dell’Aietta è estremamente chiaro nella sua testa, compresa la festa di inaugurazione che mi ha descritto nei minimi particolari! È stato un po’ come essere già lì, perché ovviamente mi sono conquistata un posto in prima fila!
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Confermo tutto, Francesco grande passione e competenza, persona squisita e verace.
Ha davvero una personalità forte e verve molto contagiosa! E fa questi vini che sono una meraviglia! Dovrò tornare a trovarlo.